Le pensioni hanno la coda?

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Naturalmente, no! Ma l’articolo sulle pensioni, sì. Almeno il mio ha la coda. Eccola.
Come certamente ricordano i miei 11 lettori, ho scritto in “A proposito di pensioni” che “Anche l’ufficio è noioso”. Lo dicevo così, a naso.
Poi lunedì 2 febbraio 2004 molti quotidiani, persino Leggo, che ti regalano in Metro, riportavano un’inchiesta della rivista Riza Psicosomatica (credo sia la moglie di Eta Beta, il pard di Topolino) su 898 persone, tra i 18 e i 65 anni. Ebbene 63 impiegati su 100, in ufficio, sono infelici. Tra questi le donne (56%) sono più numerose degli uomini (44%). Gli infelici hanno un grado d’istruzione alto, abitano prevalentemente in una metropoli, spesso sono senza figli. E come reagiscono ? Il 29% fa di tutto per non pensarci. Come gli struzzi!
Ma non volevano tutti fare l’impiegato ? Non era il sogno dell’operaio per suo figlio? L’operaio si sbaglia, come tutti quelli che pensano che il miglioramento nasca dal cambiamento esterno. Molti hanno cambiato casa, per essere felici; ne conosco alcuni: ci sono riusciti ? Altri hanno cambiato moglie, per essere felici: ce l’hanno fatta? L’operaio pensava che i colletti bianchi lavorassero con più gusto di lui, nel pulito degli uffici invece che nello sporco dell’officina. Così ha fatto studiare i figli, che adesso sono infelici non in officina, come i papà, ma in ufficio: è stato un guadagno?
La mia nonna diceva: “La cattiva lavandaia non trova mai la pietra adatta per lavare”. Non è quel che si fa, né dove lo si fa che fa la differenza, ma perché e per chi lo sa fa. La negazione della domanda sul perché porta ad errori clamorosi. Tutta la nostra cultura si fonda su questa negazione, su questa censura. Gran parte dell’educazione si occupa della morale e non del senso: pensate al tema dell’educazione alla legalità a scuola, Anche l’educazione impartita dai preti sembra che voglia rispondere alla domanda: “ Come si fa ad essere buoni?”, non alla domanda: ” C’è un uomo che cerca la vita e vuol essere felice?”
E, per continuare con i dati dell’inchiesta, gli impiegati sono più infelici delle casalinghe, dei pensionati e persino dei disoccupati.
Vediamo un po’: ma le donne non vanno a lavorare per realizzarsi, secondo la mitologia corrente? Chi tralascia il lavoro per i figli non è una povera cretina, secondo l’opinione dominante, schiava della famiglia? Tutte frottole: le casalinghe sono più felici delle impiegate.
E i pensionati ? Certo che sono più felici degli impiegati, alla faccia delle scemenze che si scrivono sui poveri pensionati! Non lavorano. Proprio come scrivevo io: la felicità è non lavorare più!
I disoccupati, poi, sono meno infelici degli impiegati. E questo è il colmo! Non avere lavoro non è la massima disgrazia? Nooooooo! Ve lo avevo scritto, ma non ci avete creduto: la disgrazia è il lavoro.
Ecco perché nessuno loda il Cavaliere, sotto il cui governo l’occupazione ha raggiunto in Italia il massimo assoluto. Non lo lodano perché far lavorare è una colpa, non un merito.
Lo confesso: l’inchiesta costringe anche me a cambiare. Devo dismettere, come una centrale nucleare obsoleta, lo slogan: “C’è di peggio che lavorare troppo; ed è non lavorare per niente” che propino ai miei ragazzi a scuola. Noooo! Non lavorare è il massimo della libidine.
Ma noi, che siamo cristiani, la pensiamo così ? Oppure gli intervistatori hanno beccato 898 pagani?

Non vale la pena di mettere il lavoro al centro di un dialogo?

 

Edoardo Marinzi Dodaccio