Sto con L’Avana, quelle accuse sono ingiuste
Volete sapere cosa ne pensa Oliviero Diliberto, esponente di spicco dei Comunisti Italiani ed ex Ministro della Giustizia nel Governo D’Alema, in merito all’esistenza di un problema di garanzia dei diritti umani a Cuba? Vi segnalo alcune sue risposte ad una intervista pubblicata su Repubblica e rintracciabile, nella forma completa, anche nel sito ufficiale del Partito dei Comunisti Italiani www.comunisti-italiani.it. “Sto con L’Avana, quelle accuse sono ingiuste” La Repubblica intervista Oliviero Diliberto “C’è di mezzo anche un “protocollo” dunque per sostenere Fidel contro la Ue. “Daremo battaglia. Per far capire all’Unione europea qual è la vera realtà di Cuba. Gli attacchi sono ipocriti e strumentali. Utilizzando lo stesso metro di giudizio, la Ue dovrebbe far scattare sanzioni contro tre quarti dei paesi del mondo. Negli Stati Uniti c’è la pena di morte. In Cina c’è la pena di morte. Ci sono despoti sanguinari, da Musharraf a Saddam, che da un giorno all’altro possono diventare amici o nemici, secondo le convenienze del momento dell’Occidente”. A cuba la pena di morte è applicata al dissenso politico. “Sono stati fucilati dei dirottatori di una nave civile. Fosse avvenuto in Israele, non sarebbero arrivati neanche al processo. Un bel blitz e via, giustiziati sul posto”. Non esiste un problema di diritti umani e politici a Cuba? “C’è una democrazia applicata in forme diverse rispetto a quella occidentale. Anche, che so, l’Arabia Saudita non è una democrazia di tipo occidentale. Ma nessuno si azzarda a dire nulla. Cuba invece è sempre sotto tiro: perché è comunista, è un simbolo. Pericoloso”. Favorevole alla pena di morte? “No. Nel ’93 lo andai a dire in un convegno proprio all’Avana. Ma da amico di Cuba. La ripresa delle condanne a morte, tra l’altro, nasce dalla preoccupazione reale di un’aggressione militare, con complicità interne”. L’Unione europea, pur deplorando l’attacco
Sto con L’Avana, quelle accuse sono ingiuste
Volete sapere cosa ne pensa Oliviero Diliberto, esponente di spicco dei Comunisti Italiani ed ex Ministro della Giustizia nel Governo D’Alema, in merito all’esistenza di un problema di garanzia dei diritti umani a Cuba? Vi segnalo alcune sue risposte ad una intervista pubblicata su Repubblica e rintracciabile, nella forma completa, anche nel sito ufficiale del Partito dei Comunisti Italiani www.comunisti-italiani.it. “Sto con L’Avana, quelle accuse sono ingiuste” La Repubblica intervista Oliviero Diliberto “C’è di mezzo anche un “protocollo” dunque per sostenere Fidel contro la Ue. “Daremo battaglia. Per far capire all’Unione europea qual è la vera realtà di Cuba. Gli attacchi sono ipocriti e strumentali. Utilizzando lo stesso metro di giudizio, la Ue dovrebbe far scattare sanzioni contro tre quarti dei paesi del mondo. Negli Stati Uniti c’è la pena di morte. In Cina c’è la pena di morte. Ci sono despoti sanguinari, da Musharraf a Saddam, che da un giorno all’altro possono diventare amici o nemici, secondo le convenienze del momento dell’Occidente”. A cuba la pena di morte è applicata al dissenso politico. “Sono stati fucilati dei dirottatori di una nave civile. Fosse avvenuto in Israele, non sarebbero arrivati neanche al processo. Un bel blitz e via, giustiziati sul posto”. Non esiste un problema di diritti umani e politici a Cuba? “C’è una democrazia applicata in forme diverse rispetto a quella occidentale. Anche, che so, l’Arabia Saudita non è una democrazia di tipo occidentale. Ma nessuno si azzarda a dire nulla. Cuba invece è sempre sotto tiro: perché è comunista, è un simbolo. Pericoloso”. Favorevole alla pena di morte? “No. Nel ’93 lo andai a dire in un convegno proprio all’Avana. Ma da amico di Cuba. La ripresa delle condanne a morte, tra l’altro, nasce dalla preoccupazione reale di un’aggressione militare, con complicità interne”. L’Unione europea, pur deplorando l’attacco
Razzismo?
Razzista. Per essere considerato tale basta non solo opporsi all’immigrazione, in particolar modo a quella islamica, ma anche esprimere dubbi o sottolineare le possibili difficoltà d’inserimento e di convivenza degli immigrati islamici. Questo è, più o meno, il tono del dibattito sugli immigrati; gridare al razzismo infiamma gli animi ma non serve a capire la realtà. Troppo spesso esasperazioni ed opposte accuse fanno velo all’obiettività ed ad una distaccata valutazione del reale. E’, quindi, necessario partire da un dato reale ed obiettivo. Se si attribuisce, cioè, alla Repubblica Federale Russa, una dimensione europea allora si deve ammettere che l’Europa è circondata da paesi che si dichiarano o ufficialmente islamici oppure dove l’Islam rappresenta una componente rilevante nella vita sociale. Non si può prescindere da questa considerazione prima di un qualsiasi tentativo d’analisi. Perché in Italia, però, la “questione islamica” si pone come un caso particolare, a se stante, nel panorama dell’immigrazione? Per dare una prima risposta obiettiva e basata su fatti reali è necessario valutare due punti fondamentali . Il primo punto da considerare è che in Italia le persone di religione islamica sono circa un milione e sono in crescita costante. L’Islam è la seconda religione per numero di fedeli. Il secondo punto è valutare le richieste formulate tempo fa dal Consiglio Islamico d’Italia e cioè: 1. L’insegnamento del Corano a scuola oppure la possibilità di creare scuole mussulmane parificate 2. Il diritto delle donne di essere fotografate a viso coperto nei documenti d’identitübr /> 3. Permessi di lavoro per consentire la partecipazione ai pellegrinaggi religiosi 4. Venerdì festivo 5. Istituzione della festività di Aid el Fitr (Festa della rottura del Digiuno) e di Aid el Adha (Festa del Sacrificio) 6. Diritto di contrarre matrimoni civili con rito islamico 7. Diritto di partecipazione alle preghiere di mezzogiorno E’ necessario,
Società Multiculturale
Numerosa parte dell’opinione pubblica italiana è a favore di una società multiculturale poggiando le sue argomentazioni sugli ideali di democrazia e libertà. Recentemente, basandosi anche su queste stesse argomentazioni, il Governo francese ha deciso di vietare all’interno di tutte le istituzioni scolastiche l’ostentazione del chador islamico o della kippah ebraica o delle croci cristiane di grandi dimensioni (chissà se la burocrazia d’oltralpe è arrivata ad indicarne anche le dimensioni massime consentite?); precedentemente il Parlamento della civilissima Svezia aveva deciso, sostanzialmente, di vietare il rito della circoncisione nei neonati equiparandola ad un vero e proprio intervento chirurgico con relativa anestesia totale. Il Parlamento ha preso tale decisione nella logica della difesa dei diritti del bambino, ma il Congresso ebraico Mondiale, nonostante ciò, l’ha etichettata come “la prima restrizione legale introdotta in Europa contraria al rituale ebraico dopo la caduta di Hitler”. Non commentiamo il pesante giudizio del Congresso ebraico ma sottolineiamo che la civilissima Svezia non è nuova a scelte politiche “particolari” forse la vicenda non è molto conosciuta ma dal 1935 al 1975 in Svezia, nella illuminata,civile e socialdemocratica Svezia, oltre 60 mila persone individuate ed etichettate come malati di mente o più semplicemente come emarginati sociali sono state sterilizzate (non ci credete? Eppure anche in Italia è stato pubblicato un saggio che riprende le ricerche effettuate in Svezia – “per la Nazione e per la Razza. Cittadini ed esclusi nel modello svedese” autore Piero Colla). E questo che i cosiddetti progressisti intendono per “Società multiculturale”? La messa al bando della sfera religiosa, della presenza di Dio (di qualunque Dio in cui si creda e a cui si rivolgano preghiere) nel mondo? Può una “Società multiculturale” soggiacere ad una invadenza, che rasenta l’eliminazione, nella sfera religiosa solo nel nome di una presunta laicità dello Stato Ernesto Galli Della Loggia sottolinea
A PROPOSITO DI PENSIONI
Non voglio rifare i conti. Altri li fanno certo meglio. Non voglio fare polemica politica. Altri la fanno peggio. Penso alle clamorose menzogne, alla totale ipocrisia di sindacati e compagnucci vari. Una volta, la parola compagni suscitava un senso di rispetto, come merita chi lotta e paga per un’idea sbagliata. Il rispetto che, a Bresso, suscitava il vecchio Andrea Riva. Ma ora chi paga? E chi lotta? Il bel Rutelli, nonno Bertinotti dalla erre moscia, il ben nutrito Pezzotta? Gli imbroglioni, ora, lodano la riforma Dini, perché Dini, ora, è dei loro. Non dicono che con la riforma Dini, così com’è, tra 20 anni, la pensione sarà, al massimo, il 50 % dello stipendio. Non lo dicono perché l’hanno fatta loro, la riforma che ha già rovinato il futuro. La riforma della fame, fatta da “un rospo”. Altro che “difendiamo il futuro”, lo slogan dello sciopero del 24 ottobre. Ma non facciamo polemica. Facciamo una considerazione sola. Quale è l’ideale di ogni Italiano ? (magari anche di ogni straniero; non voglio allargarmi). E’ chiaro: vivere, decentemente, senza lavorare. Chi ci riesce? Quasi nessuno. E allora viva la pensione, subito, appena si può. La pensione è lo strumento alla portata di tutti, per essere come Agnelli, quando era vivo: lavorava se voleva e quando voleva. Il boom economico e la cultura di questi anni ci hanno lasciato l’idea che si possa vivere senza lavorare. Quelli furbi non lavorano. Questo rende incandescente il dibattito. Altrimenti nessuno scenderebbe in piazza per andare in pensione a 57 anni, come ora, e non a 60 o a 65, come sarà dal 2008, e solo per chi non ha maturato il diritto. Per questo nessuno discute di anni in più o in meno. Lottiamo per il diritto a sognare un mondo senza lavoro. Infatti, facciamo lavorare
SEMPLICI INDICAZIONI PER COMPRENDERE LA RIFORMA DELLA SCUOLA
Per favorire una comprensione anche dei non addetti al lavoro provo ad elencare sinteticamente i punti principali del primo decreto legislativo che dà attuazione alla riforma della scuola, relativamente al primo ciclo di istruzione. • La struttura scolastica : resta sostanzialmente quella attuale con la scuola dell’infanzia (durata 3 anni), la scuola primaria (durata 5 anni) suddivisa in un primo anno e in due successivi bienni, la scuola secondaria di primo grado (durata 3 anni) suddivisa in un biennio e in un terzo anno in raccordo con la scuola superiore. Sparisce l’esame di quinta elementare, resta invece confermato quello di terza media. L’altra novità, sbandierata di mass media, ma a mio parere di secondaria importanza rispetto all’impianto complessivo, è la possibilità della iscrizione in anticipo: i genitori, se vogliono, possono iscrivere alla scuola primaria i figli che compiono i 6 anni entro, gradualmente, il 30 aprile dell’anno successivo e alla scuola dell’infanzia quelli che compiono i 3 anni entro la stessa data. • Il tempo scuola : l’orario annuale è di 891 ore (pari a 27 ore settimanali) a cui si aggiungono nella scuola primaria 3 ore settimanali e nella scuola secondaria di primo grado 6 ore settimanali, la cui scelta è facoltativa e opzionale per gli allievi (ma le scuole sono tenute a proporle!) e la cui frequenza è gratuita. La scelta è operata dai genitori al momento della iscrizione. A queste ore si può aggiungere la mensa fino ad un massimo di 10 ore settimanali nella scuola primaria e di 7 nella scuola media. Proviamo ad esemplificare per capire meglio. Oggi l’alunno iscritto ad una classe a tempo pieno nella scuola elementare generalmente frequenta dal lunedì al venerdì dalle ore 8,30 alle 16,30; con la riforma, l’alunno che è stato iscritto alle 30 ore più la mensa farà
OCCHIALI ROSA 2
Francamente, dal 10 gennaio, tre mesi fa (si scrive così, senza accento; chi scrive con l’accento sbaglia) mi sarei aspettato di essere subissato, seppellito, ricoperto di NOTIZIE BUONE, ma non è stato così. Solo una lettrice è intervenuta, promettendo racconti ottimisti. Non l’ha fatto, per ora. Parlo d’ottimismo realista, quello che non censura dolore, vecchiaia e morte, ma sa che non sono né l’unica né l’ultima parola sulla vita. Com’è scritto nel III capitolo, paragrafo 4 punto a, del testo “Perché la Chiesa” di Mons. Luigi Giussani. Non ci sono NOTIZIE BUONE? Non ci badiamo? Mah ? Ne ho trovate due, dalla stampa. “ UN CUORE SANO ? BASTA AVERE DEGLI AMICI?” CityMilano, quotidiano a diffusione gratuita, nel numero del 16 febbraio 2004, informa che un’equipe svedese, paese serio, luterano, un po’ tetro, dal clima orrido, ha studiato 700 individui (dice così; ma non è più bello dire: “persone” ?) per 15 anni. Che ha scoperto? Gli uomini che hanno amici su cui contare, che hanno una buona vita di relazione, dimezzano quasi (-45%) il rischio di problemi cardiaci. Gli uomini, poi, che possono contare sul classico amico per la pelle, quello che non ti abbandona mai, su cui puoi sempre contare nel bisogno, rischiano ancora meno (-58%). L’amicizia fa bene alla salute anche di chi fuma, mangia male, non fa attività fisica. Come mai? L’equipe non capisce i motivi di tale legame, li sta studiando; però è così. Non è una notizia straordinaria? Non è una precisa conferma dell’esperienza cristiana ? Il cristianesimo è così vero, corrisponde tanto ai bisogni profondi dell’uomo, che, senza studi, ha capito che l’uomo sta meglio in un popolo, in un’amicizia, in una trama di rapporti accoglienti. Il Figlio di Dio mi dice: “Sei un amico, non un servo” Lo ha detto Giancarlo Cesana
Incontri Genitori 2004
LO SPALANCARSI DELLO SGUARDO DEI NOSTRI FIGLI ALLA SCOPERTA DEL SIGNIFICATO DELLA REALTA’ Relatrice: dott.ssa Anna Marazza I testi dell’incontro sono disponibili a questi indirizzi: Prima parte: https://www.ccmanzoni.it/utility/Marazza%202004-1.rtf Seconda parte: https://www.ccmanzoni.it/utility/Marazza%202004-2.rtf
Riforma Moratti: ultimo atto?
In attesa della pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale del primo decreto legislativo che inizia a rendere concreto il percorso di riforma della scuola italiana, stiamo assistendo in questi giorni (e le sorprese non sono certo finite) ad uno spettacolo deprimente. Di fronte ad una riforma complessiva della scuola italiana, invece di discutere, anche animatamente sul concreto delle cose, si preferisce la polemica gratuita, la falsità, perfino l’uso (giustificato!!!) dei bambini nelle manifestazioni locali e nazionali (ma il vietare la pubblicità con protagonisti i bambini non è stata ritenuta in altra occasione un merito della sinistra? Ma è vietato solo quando fanno pubblicità dei pannolini magari nel posto sbagliato, cioè sulle televisioni di qualcuno?). Quali sono stati gli slogan di questi giorni? 1. La perdita dei posti di lavoro degli insegnanti: un genitore di un comune vicino mi ha telefonato e mi ha chiesto: “L’insegnante di Lettere di mio figlio ha detto in classe a tutti gli alunni che il loro insegnante di Ed. Tecnica, padre di famiglia, con la riforma Moratti perderà il posto di lavoro. E’ vero?”. Io che conosco entrambi gli insegnanti in questione, ho rassicurato il genitore preoccupato; l’insegnante di Ed. Tecnica, di ruolo, nominato a tempo indeterminato, non sarà licenziato, ma potrà felicemente raggiungere (glielo auguro) la meritata pensione. 2. La fine del tempo pieno: fiumi di lacrime si sono versate su questo tragico evento nazionale paragonabile secondo alcuni ad un cataclisma epocale. Eppure basta leggere il decreto, essere capaci di fare una semplice somma, per capire che quantitativamente nulla cambia: 40 ore settimanali ieri, 40 ore settimanali oggi! Ma, secondo alcuni che vagheggiano una sorta di Eden in mezzo alle macerie del resto della scuola, il tempo pieno era un’altra cosa. Che il tempo pieno sia stato all’inizio una diversa modalità, anche innovativa, di far scuola
Le pensioni hanno la coda?
Naturalmente, no! Ma l’articolo sulle pensioni, sì. Almeno il mio ha la coda. Eccola. Come certamente ricordano i miei 11 lettori, ho scritto in “A proposito di pensioni” che “Anche l’ufficio è noioso”. Lo dicevo così, a naso. Poi lunedì 2 febbraio 2004 molti quotidiani, persino Leggo, che ti regalano in Metro, riportavano un’inchiesta della rivista Riza Psicosomatica (credo sia la moglie di Eta Beta, il pard di Topolino) su 898 persone, tra i 18 e i 65 anni. Ebbene 63 impiegati su 100, in ufficio, sono infelici. Tra questi le donne (56%) sono più numerose degli uomini (44%). Gli infelici hanno un grado d’istruzione alto, abitano prevalentemente in una metropoli, spesso sono senza figli. E come reagiscono ? Il 29% fa di tutto per non pensarci. Come gli struzzi! Ma non volevano tutti fare l’impiegato ? Non era il sogno dell’operaio per suo figlio? L’operaio si sbaglia, come tutti quelli che pensano che il miglioramento nasca dal cambiamento esterno. Molti hanno cambiato casa, per essere felici; ne conosco alcuni: ci sono riusciti ? Altri hanno cambiato moglie, per essere felici: ce l’hanno fatta? L’operaio pensava che i colletti bianchi lavorassero con più gusto di lui, nel pulito degli uffici invece che nello sporco dell’officina. Così ha fatto studiare i figli, che adesso sono infelici non in officina, come i papà, ma in ufficio: è stato un guadagno? La mia nonna diceva: “La cattiva lavandaia non trova mai la pietra adatta per lavare”. Non è quel che si fa, né dove lo si fa che fa la differenza, ma perché e per chi lo sa fa. La negazione della domanda sul perché porta ad errori clamorosi. Tutta la nostra cultura si fonda su questa negazione, su questa censura. Gran parte dell’educazione si occupa della morale e non del senso: pensate